giovedì 28 luglio 2022

Però la morte...

 

Tarocco  (tempera)

"Però la morte, secondo me, è sempre anche qualcos'altro. E' anche tutta la sedimentazione dell'immaginario della nostra civiltà intorno ad essa. In tutte le culture che ci hanno preceduto, lo spazio culturale e mentale occupato da questo avvenimento fondamentale della vita di ognuno, è sempre stato molto ampio. Ora invece questo spazio di rappresentazione mentale si è ristretto, quasi annullato. Credo che nella nostra civiltà, ci sia un'immagine da un lato definitiva della morte, perché sono scomparsi o comunque affievoliti gli immaginari religiosi, i sentimenti oltremondani e insieme agli immaginari collettivi di oltre la morte, anche le fantasie individuali di ogni altrove. In qualche modo è stata uccisa la morte. Nel senso che non riuscendo a immaginarci oggi la morte ed i suoi spazi, la neghiamo. E' talmente terrorifico il nulla che in qualche modo dobbiamo esorcizzarlo; al suo posto c'è il mito della scienza, il mito dell'ibernazione, il mito dell'onnipotenza, dell'uomo sempre in forma, perfetto, e nessuno parla più di morte. Il disastro antropologico del negare la morte come ultimo passaggio di estrema trasformazione, ne produce secondo me un altro ancora più grave. Stiamo perdendo la capacità di immaginare tutti gli 'Oltre' possibili. Ci impedisce di immaginare i 'passaggi' come momenti che possiamo gestire in maniera trasformatrice, in cui mettere in moto degli aspetti, delle energie di trasformazione, oppure anche mettere in moto delle immaginazioni di tipo utopico. Non riusciamo a pensare alla morte ma non c'è più neanche l'oltre la morte. Anche nel senso di utopia."

Marisa Bello

Incisione puntasecca


mercoledì 27 luglio 2022

Donne del nostro tempo

 

Donne del nostro tempo

Di Antonio Attisani


Innanzitutto qui è all'opera l'arte dell'osservazione, da Aristotele a Brecht e oltre posta a fondamento non soltanto del teatro ma di ogni linguaggio e poetica. Marisa Bello pratica il gioco che consiste nello spiare e ritrarre gli altri, soggetti inconsapevoli che poi sfilano in affollati quaderni dove ogni volto e ogni corpo sono molto dettagliati, segnati, molto più che nei quadri della teoria finale: l'abbondanza di segni, lì, è annotazione, prima glossa critica. Il gioco si trasforma poi in una meditazione e ciò che risulta da questa meditazione è una essenza di forma e di colore, un vedere nell'altro la propria autobiografia: l'azione di ogni vero artista.


L’autobiografia, la vita che corre raccontandosi ed esponendosi, è una autobiografia corale. Non parlo mai di un “io” quando parlo di me; non trovo mai un “me” quando indago il mio “io”. È piuttosto nella dimensione del noi (un noi avvolto nell’anonimato di azioni e ritmi inconsapevolmente condivisi) che sprofonda ogni consapevole autobiografia, lasciando esalare dai propri soggetti autografi qualcosa di terzo, quel qualcosa che viene evocato quando davvero accade un teatro.


I contributi raccolti in questa mostra sembrano rinviare tutti a “qualcosa di terzo”, qualcosa che va al di là delle appartenenze singolari e delle private biografie e che insiste come un cuneo appuntito e tenace nelle pieghe di una immagine collettiva, neo-comunitaria, di donne del nostro tempo.


È la declinazione femminile di una pratica poietica, se è vero che non si è poeti per declamare versi, ma per sentire corpi fremere e rivoltarsi nell’atto di una creazione condivisa.


L’esperienza del guardante-lettore ha senz'altro qualcosa di meno potente rispetto a quella del testimone-artista, però il soggetto dello spectare ha facoltà di “mettere in fila” (creare teoria) e rimontare i singoli testi in una visione panoramica.


Come in un Nātyaśāstra, Marisa compila un catalogo di sentimenti e posture esistenziali. Rispettando il mistero, però: contempliamo il vivente, ma senza comprendere appieno il suo carattere e la sua azione.


Donne e colori, gioie e dolori. Ognuna di esse emana un colore dominante ed è contestualizzata in un colore diffuso, un rasa (sapore) deuteragonista. La nudità, poi: quella della pelle è impossibile e si rivela piuttosto nei panni in cui accuratamente ognuna di loro ha scelto di comprendersi.


Donne a volte in posa oppure colte in istantanee, poco importa, è come se tutte avessero scelto accuratamente come essere ritratte nell'atto di offrire la loro più sincera ed enigmatica intimità. Non si intravedono mai drammi evidenti, né commedie o tragedie, ma una quotidianità piena di senso, e dunque di tutto, a varie età.


Sono ritratte qui donne di tutti i mondi, forse a Milano, forse nella metropolitana o in treno o al supermercato, oppure viste in sogno, o spiate mentre si guardano velocemente allo specchio, sempre consapevoli di essere osservate e magari ritratte, però mai disposte a fingere di essere diverse da quello che sono, straordinariamente normali, uniche.


I colori a prima vista sembrano pieni, ma poi si rivelano ricchi di sfumature, come un cielo lontanissimo di nuvole colorate: non sono l'ultimo orizzonte ma il sipario socchiuso sull'universo.

L'arte dell'osservazione e del ritratto diventa così una cosmologia segreta.

Le opere sono visibili QUI