Abbiamo ancora bisogno di immagini? In un mondo che
ne è saturo ha senso ancora produrne di nuove? Perché porsi di fronte a un
cavalletto con una tela bianca e tentare di riprodurre qualcosa che sta di
fronte a noi come nell’atto di sfidarci? Una sfida a riprodurlo tale e quale,
in una sorta di rito di appropriazione, o di interpretarlo, di significarlo per
meglio consumarlo. Tutto questo sembra oggi, in una civiltà altamente
tecnologizzata, venir meno come bisogno. Tutto si può riprodurre con estrema
facilità, potendo poi decostruire per ricomporre secondo nostri nuovi desiderata. Eppure si continua a
dipingere! Con motivazioni semplici coniugate alle modeste pretese del
cosiddetto tempo libero(residuo ideologico di un’era in gran parte tramontata)
o con le periture rivendicazioni di un’arte che si vorrebbe ancora eterna e
astorica. No. Non è qui che vanno cercate le ragioni profonde di questa sfida
che non vuole cessare, nonostante tutto, di essere giocata. Se il lavoro
mentale del processo artistico non può giovarsi esclusivamente dell’apparato
tecnologico è perché l’esperienza che esso produce non è mai puramente mentale
ma è legata indissolubilmente a un’esperienza corporea. Il gesto che disegna,
che incide, scolpisce, è fatto da una mano che fa parte di un corpo che produce
una sensazione che si costituisce come una memoria, come un vissuto del corpo
stesso. Se il termine linguaggio visivo è inappropriato (se non come metafora)
è anche, se non in gran parte, per questo suo essere esperienza corporea. Grumi
di colore, possono sembrare case, in grosse pennellate di verde erboso. È
simbolo di qualcosa? È tentativo di riprodurre una visione? Tutto quel che si
vuole, ma una cosa è certa: è innanzitutto un fare del nostro corpo,
un’esperienza che si ricollega ad analoghe esperienze di 30 mila anni fa,
quando l’uomo esperiva per la prima volta l’esigenza di rivivere con delle
immagini quello che il corpo percepiva, sentiva in un mondo in cui gli eventi
accadevano sempre più al di fuori dell’alveo protetto della natura, unitamente
all’esigenza di articolare i primi suoni in forma di parole.
olio su tela cm. 40 x 60
Prossimo appuntamento martedì 20 ottobre